Senza tregua
post pubblicato in
diario, il 4 maggio 2010
Nonostante
il rogo folcloristico con cui si è pubblicizzata l’eliminazione di un
improbabile numero di leggi obsolete, avvertiamo il gravame di un apparato
normativo che, di mese in mese, ne vede nascere altre per favorire grandi imprese,
banche, assicurazioni, produttori di merci adulterate, baronati della sanità,
predoni di beni pubblici, grandi ladri ed avventurieri della finanza estrosa.
Come se non bastasse, a smentire l’amore di Bersani per la Carta “migliore del mondo”,
i soliti pidini continuano ad offrire i loro servigi ai responsabili del
cantiere adibito a sferrare la definitiva spallata contro il dettato
costituzionale. Grazie agli inconfessabili accordi tra “sinistri” e “destri”,
membri dello stesso circolo in perenne simbiosi con i poteri forti, ogni
condotta illecita è stata convertita in profitto legittimo. Quando si
incontrano difficoltà a rimodulare la legge secondo i desideri del padrone ci
viene detto che violarla è cosa buona e giusta. Il rapporto tra pena e
comportamento sociale patologico è del tutto sbilanciato. I poveracci finiscono
in galera, e in alcuni casi ne escono cadaveri, mentre i protagonisti dei
grandi saccheggi restano impuniti. In un quadro legislativo apparentemente
dissociato, con un sistema giudiziario inefficace, nella nazione dove gli abusi
di potere e la corruzione sono sistemici, per chi si sente diffamato continua
ad esistere la possibilità di chiedere riparazione in tribunale. Nel Paese che
ha perduto ogni riferimento etico c’è ancora chi bada al prestigio personale e
contribuisce ad intasare la macchina della Giustizia dando vita a procedimenti
con tempi biblici e dagli esiti incerti. Di sicuro chi imbastisce certe cause
vede traballare l’immagine e la realizzazione del sé. A volte i motivi che
spingono all’azione giudiziale sono oggettivamente condivisibili, a volte
denotano una bizzarra percezione dell’onorabilità, spesso sono solo
intimidazioni rivolte a chi ha l’audacia di mettere a nudo i limiti di qualche
personaggio pubblico. Non poche di queste citazioni in giudizio lasciano
apparire solo le code di paglia degli attori che, incoraggiati dalle blande
conseguenze riservate per legge alle liti temerarie, possono usufruire
dell’istituto giuridico ad abundantiam per tenere sotto scacco chi esercita il diritto
di critica, peraltro costituzionalmente garantito. Trascinare in tribunale chi
continua a pensare, a parlare e a scrivere senza chiedere il permesso,
specialmente se non può contare sull’assistenza di agguerriti studi legali, è
un modo semplice per educare la gente al silenzio o peggio ancora all’omertà.
Le azioni criminose di chi occupa i centri di potere incidono sulle dinamiche
macropolitiche e macroeconomiche, accelerano il degrado civile e il declino
economico del Paese, già investito dalle turbolenze della globalizzazione che
stanno spazzando il resto dell’Europa. L’art. 21 della Costituzione non è
sufficiente a proteggerci dai misfatti delle classi dirigenti nazionali, né dai
programmi delle oligarchie internazionali, ma va difeso ad oltranza onde
garantire quel minimo d’informazione necessario per pararsi le terga dai
disegni degli “illuminati” che banchettano in Italia, che hanno spinto la Grecia nella condizione
odierna e che stanno spingendo l’Eurozona verso la terziarizzazione
dell’economia. In cambio di liquidità il Governo greco ha ceduto il flusso dei
diritti futuri di atterraggio versati dalle compagnie aeree agli aeroporti del
Paese, ha ceduto i ricavi delle sue lotterie, ha sottoscritto un contratto di
“interest rate swap” tra Goldman Sachs e la Banca Nazionale,
ha concluso altre operazioni analoghe con rilevanti perdite proiettate sul
lungo periodo. L’attuale “salvataggio” del bilancio ellenico è stato possibile
consentendo ai soccorritori europei di ricorrere ad artifici contabili e
monetari le cui ricadute saranno tutte da verificare. Il sacco dello Stivale,
con quelle privatizzazioni e con quelle liberalizzazioni fittizie che hanno
reso impossibile qualsiasi controllo pubblico sulle aziende strategiche (banche,
energia, trasporti, telecomunicazioni, siderurgia, etc.), è cominciato nel 1992
sotto il patrocinio della corona inglese e continua ancora oggi su quello che è
rimasto da spolpare. Malgrado la situazione italiana non sia delle più rosee,
bisogna fare i conti anche con l’insofferenza di chi si sente diffamato dalla
pubblicazione dei suoi trascorsi e con chi ricorre alla Magistratura perché un
cronista gli ha fatto troppe domande. Ma cosa dovrebbero fare i cittadini
sottoposti al dispotismo dei mercati transnazionali, inseriti in un contesto
sociale frammentato, privati del lavoro, con gli stipendi pignorati per la
morosità delle aziende da cui dipendono, alla mercè di affaristi privi di
scrupoli ed assoggettati a piani di austerità sempre più duri per il debito potenzialmente
inestinguibile contratto dall’Italia? Il nostro modello socioeconomico è stato
rivoluzionato, il canovaccio programmatico di chi governa si è sostituito alla tutela degli
interessi collettivi, le delocalizzazioni industriali fanno involare le
fabbriche nei paesi ad economia emergente lasciando a terra gli addetti e il
loro know-how. Le lacrime e il sangue di prodiana memoria, con il crescente
depauperamento del capitale comune, sono un’inezia di fronte al linguaggio
asettico delle cupole bancarie anglo americane a cui gli Stati hanno ceduto
prima la loro sovranità monetaria ed oggi, per evitare la bancarotta, stanno
cedendo il controllo del loro territorio e delle loro ultime risorse. I “piani
di rientro” in stile FMI e/o UE significano la riduzione delle aspettative di
vita, il decremento dei redditi, lo smantellamento dei servizi sociali, la
contrazione dell’assistenza sanitaria e l’arretramento dell'istruzione
pubblica. In altri termini le nazioni finiscono per assumere sempre di più i
connotati di economie a pedaggio dove ognuno è obbligato a pagare ovunque e
comunque una quota d'ingresso anche solo per vivere, dove i bisogni primari non
sono garantiti e i morsi di un’esistenza precaria si fanno sentire. Nel futuro
che ci sta preparando la razza “eletta” forse mai più nessun giornale oserà pubblicare
le gesta di allegre combriccole dedite allo sciacallaggio o il discutibile
cursus honorum di un politico, di un banchiere, di un pirata della finanza, ma
è certo che anche i numeri trentatre delle varie confraternite non saranno
altro che numeri. Alla nostra stessa conclusione può ben arrivarci anche chi
sottoscrive tutto con impareggiabile nonchalance.
Antonio
Bertinelli 4/5/2010