Bollettino dal fronte: nessuna resistenza
post pubblicato in
diario, il 11 aprile 2010
Ci
sono luoghi dove le calamità naturali si verificano con cadenza quasi regolare,
dove l’emergenza è sinonimo di quotidianità, dove le popolazioni convivono con
le sciagure ambientali e le devastazioni che da esse conseguono. Il nostro
Paese, che è al riparo da particolari avversità della natura, subisce invece
sconvolgimenti di altro genere ed una congrua parte di Italiani sembra
accettarli come se fossero inevitabili al pari di un’alluvione, di un’eruzione
vulcanica, di un uragano o di un maremoto. Anche se un buon 45% di cittadini non
ha ultimamente ritenuto conveniente votare questo o quel partito, resta il
fatto che programmi Tv come l’isola dei famosi si attestano intorno al 20% di
share ed il piccolo schermo gioca un ruolo preminente nel divulgare quanto
risulta proficuo per chi governa. Qualcuno si conforta nel ravvisare che,
malgrado la potenza di fuoco mediatica a disposizione del primo ministro, allo
stesso accordano credito solo il 15% dei cittadini. Si dimentica però
l’insussistenza oppositiva del Pd, già al nastro di partenza per correre al
tavolo delle “riforme” in pectore domini. Non si tiene conto che il massimo garante
istituzionale non garantisce affatto, anzi, al pari dell’indomito skipper con i
baffi, è diventato un solerte apripista di un inciucio esiziale soprattutto per
la Costituzione
e che, malgrado lo scalpitio di maniera finiano, la golden share di tutti i
seggi e di tutte le poltrone targate Pdl sta nella cassaforte del premier. Il
resto del panorama politico va dalle forze ancora in cerca di ingaggio in quel
di Arcore a quelle parlamentarmente “ininfluenti”. L’informazione “distonica”,
se non diventa addirittura Gatekeeping come quando consente al Ministro del
Tesoro di autocelebrarsi persino davanti ai cassintegrati della Vynils, per
quanti sforzi faccia, non ha il potere di tramutare l’attuale Parlamento di
nominati in un altro idoneo a rappresentare gli interessi della collettività.
E’ velleitario pensare che, pur ignorando la parte “inquinata” della
Magistratura, quella rimasta deontologicamente inattaccabile possa “salvare”
l’Italia con gli strumenti normativi e logistici di cui può attualmente
disporre. E poi non è sintomo di una situazione degenerata oltre ogni
immaginazione attribuire o lasciare che gli stessi magistrati si assegnino una
funzione palingenetica? Dunque, a meno che non si trovino rimedi insoliti,
siamo prossimi alla soluzione finale ideata tra banche e materazzi, condivisa
da numerosi arrivisti della politica ed accelerata dall’avvento di Forza Italia.
L’entità del debito pubblico (con alto rischio di bancarotta), le
liberalizzazioni fasulle, le privatizzazioni di comodo, l’attacco selvaggio al
mondo del lavoro e la deindustrializazione strategica sono segnali inquietanti.
Mentre pochi continuano ad arricchirsi in maniera parassitaria sulle spalle
della comunità agitando lo spauracchio del Comunismo e raccontando panzane, diventa
sempre più concreta la possibilità di arrivare alla cannibalizzazione
reciproca. L’Holodomor, ovvero la carestia pianificata dell’Ucraina messa in
atto dal 1932 al 1933, fu la conseguenza delle ossessioni staliniste. E’
innegabile che il feroce dittatore dell’Urss portò al collasso sociale e allo
sterminio di intere popolazioni, ma perché la politica, e non ultima quella
economica, che si sta radicando nel nostro Paese coltiva forse la coesione
nazionale ed è foriera di benessere diffuso? Al termine della sua vita Stalin, precipitato
nel vortice della paranoia, si sentiva assediato da tutti, tanto che fece
uccidere i suoi stessi medici e si rinchiuse nella dacia personale, dove
lasciava entrare solo una governante. Le macerie prodotte dalla sua tirannia
hanno segnato in maniera indelebile uomini e luoghi. Sensibilmente indebolita dall’allargamento
ad Est dell’Europa, toccata dagli effetti del mercato globale, asservita alla
stegocrazia di stampo anglofono, l’Italia, dove si opera attraverso cordate, dove
vigono le regole del demerito, dove ci si colloca in ragione dell’appartenenza
familiare o amicale, dove la collusione politica ha visto crescere lo
strapotere delle mafie, non aveva bisogno di assistere pure al dilagare del
berlusconismo. Non sarà l’indignazione di qualche editorialista o l’impegno
personale di pochi altri soggetti che si stagliano nel panorama politico
odierno a farci uscire dalla palude di cui siamo prigionieri, né si può
attendere fideisticamente che gli interventi della Corte Costituzionale possano
salvaguardare indefinitamente i principi giuridici fondanti individuati dalla
Commissione dei 75. Mai nessun Popolo ha potuto guadagnare e poi mantenere la
propria libertà senza battaglie. Anche a causa delle forche caudine partitiche sotto
le quali deve passare chiunque osi proporsi come amministratore pubblico, dello
stesso sistema elettorale vigente nato dal connubio dei due poli fittiziamente contrapposti,
la lotta da intraprendere per affrancarsi è forse tutta da inventare. Di certo
il mero sdegno non è sufficiente a contrastare un governo liberticida impegnato
ad abbattere gli ultimi “fortilizi” capaci di garantire un sistema
istituzionale basato su checks and balances e a voler “costituzionalizzare” gli
attributi degni di un’anomala ascesa imprenditoriale e politica.
Antonio
Bertinelli 11/4/2010