A. Di Pietro, ovvero il principe di tutti i congiurati
post pubblicato in
diario, il 3 febbraio 2010
Il turbinio del potente rotore non conosce soluzione di continuità.
Davanti alle sue pale si avvicendano numerosi sherpa con il loro carico di
fango. Il manovratore stabilisce di giorno in giorno dove direzionare il getto.
Mentre si imbratta chiunque possa costituire un ostacolo al consolidarsi del
regime, servi e cortigiani lavorano alacremente per dare l’ultima spallata allo
Stato di Diritto. C’è chi ripete le consuete parole d’ordine, chi nasconde i
veri problemi del Paese, chi distoglie l’attenzione dalla “vulnerabilità” di
tutti quelli che tacciono o acconsentono e chi legifera secondo i dettami del
committente. Ci rammarica anche quello che va dicendo il Papa: “Alcuni uomini di Chiesa lavorano per
sé e non per la comunità. E' lo stesso male che affligge la società civile”.
Gli eventi del passato testimoniano che, a volte, le gerarchie ecclesiastiche
hanno conosciuto l’odore dello zolfo o sono state accecate dalle lusinghe della
secolarizzazione, ma in quegli ambienti esistono da sempre anche gli anticorpi per
contenere i danni che derivano dalle mire personali di qualche figlio degenere.
Invece una società diffusamente corrotta ai suoi vertici come quella italiana
non ha più gli strumenti minimi per difendersi da Belzebù. Mentre i
parlamentari precettati vanno all’assalto degli ultimi residui di Democrazia a
colpi di maggioranza, mentre, sia per salvaguardare gli interessi di Mediaset
che per soddisfare le “necessità” censorie tipiche di ogni tirannide, si prepara
l’affondo conclusivo da sferrare alla rete, mentre qualcuno più zelante di
altri si rende disponibile per inficiare del tutto l’impiego giudiziale dei
pentiti, gli schizzi di fango vengono orientati contro l’inviso “giustizialista”.
Oggi una delle solite zucche piene di niente si è affacciato dal piccolo
schermo per affermare che anche Antonio Di Pietro ha molte cose da nascondere.
Non abbiamo mai pensato che l’ex magistrato, come peraltro chiunque, sia esente
da limiti, ma di qui a lasciar intendere che sia stato e/o sia un agente di
qualche potentato straniero ce ne corre. Grazie all’attività di questo Governo,
seppur attraverso lo pseudo-liberismo, di cui sono maestri i soliti noti,
specializzati fin dai tempi successivi alla Svolta della Bolognina, nel far
pagare Pantalone, è stata conclusa la campagna di precarizzazione generale in
modo da non suscitare gli strali della stegocrazia americana. Coltiviamo
cordiali rapporti con diversi dittatori. Facciamo ottimi affari con la Russia
ed abbiamo sostenuto la realizzazione del gasdotto South Stream. Annoveriamo
celebri predoni di aziende pubbliche, temibili squali dell’economia reale e
disinvolti finanzieri ben ammanicati con la politica, in aggiunta non abbiamo
posto ostacoli di sorta ai signori delle multinazionali. Costituiamo un
problema solo per l’Europa dei cittadini e per il business televisivo di Rupert
Murdock. La prima, già un tempo contaminata dal dilagare del Fascismo, è troppo
fragile rispetto a quella delle lobbies mercatiste e non ha i mezzi per
“reindirizzare” l’Italia sui binari di una pur zoppa Democrazia. Il magnate
australiano, a meno che non voglia ingaggiare un’assurda guerra di principio,
può concedersi il lusso di non disturbare sua emittenza e di fare profitti su
mercati davvero liberi. Basta poco per capire che Di Pietro non sia
l’infiltrato di torbide trame internazionali. Il cosiddetto “zotico” è uno dei
pochi che denuncia, specialmente nell’immediatezza del suo eloquio, i tanti
mali che ci affliggono, e lo fa senza ricorrere a dei sofismi. Il punto è
proprio questo. I pericoli che sta correndo il Paese non dipendono da chi l’ha
data per mestiere, dagli inconsueti “rimbrotti” di qualche giornalista alla D. Boffo,
dagli arresti di improbabili terroristi che vagano su Internet, dalle “rivolte”
degli africani presi a fucilate o dalle presunte cospirazioni di A. Di Pietro e
della sua fantomatica Spectre. Manipolando l’informazione, corrompendo fin dove
è stato possibile, usando servizi di intelligence più o meno “deviati”,
potenziando la centrale del ricatto l’eversione è già in opera da anni, e non
ha alcuna necessità di supporti esterni. Sono già ridondanti le mafie e le formazioni
politiche nostrane, figlie di un’“investitura popolare” rivendicata
quotidianamente fino alla nausea, fino allo spappolamento mentale di tutti gli
Italiani.
Antonio
Bertinelli 3/2/2010