Fatti quotidiani e poteri permanenti
post pubblicato in
diario, il 18 luglio 2010
Le lordure ed i fatti
giudiziari che coinvolgono l’esecutivo in un continuo crescendo quotidiano
stanno alimentando un nuovo tormentone. Vedremo presto la realizzazione di un
“governo di salute pubblica”? Il 21 aprile del 1993 Giuliano Amato, dopo aver
visto traballare il suo Governo sotto le indagini della Magistratura, si dimise
passando il testimone a Carlo Azeglio Ciampi. La politica fece un passo
indietro per lasciare spazio alla governance tecnocratica voluta dagli ideatori
del ridisegnamento geopolitico e geoeconomico globale. La sinistra opera di
adesione ai dettami sovranazionali ha portato ai noti sconquassi nel mondo del
lavoro e in quello produttivo che ancora oggi persistono. Se facciamo un
raffronto dobbiamo riconoscere che lo sprezzo per la legalità dei politici
odierni ha raggiunto picchi ineguagliabili rispetto ai loro predecessori. I
governi di centro-destra hanno assicurato una sostanziale depenalizzazione di
due reati: il falso in bilancio e l’abuso di ufficio, inoltre hanno dato impulso
a nuovi possibili equilibri corruttivi attraverso la creazione di una
lambiccata architettura contrattuale e finanziaria (project-financing,
general-contractor, global-service, facility-management, etc.) così da evitare
le regole e i controlli tipici della contabilità pubblica. Contrariamente a
quello che succedeva agli inizi degli anni novanta, quando i partiti
abbandonavano al loro destino corrotti e corruttori, concussi e concussori,
oggi la “casta” fa quadrato intorno agli inquisiti ed ai condannati. Mentre
all’epoca di “mani pulite” la corruzione costava cinque miliardi annui
attualmente ne costa cinquanta/sessanta. Sicuramente la televisione condiziona
la visione del mondo e per suo tramite si esclude scientemente il cittadino
dalla Polis evitando che l’indignazione monti proporzionalmente allo scempio
amministrativo che subisce l’Italia. La fiaba del “nemico giudiziario” che
vuole delegittimare il Governo, propinata dalla Tv in tutte le salse e senza
lesinare gli effetti speciali, lascia il tempo che trova. In realtà
l’ingordigia e la faccia tosta di questa classe dirigente hanno pochissimi
riscontri nella storia della prima Repubblica. Sugli scranni del Parlamento
siedono attualmente ventiquattro pregiudicati, novanta tra imputati, indagati,
prescritti e condannati provvisori. La pressione fiscale è tra le più alte
d’Europa eppure la qualità dei servizi pubblici è scadente ed il welfare si sta
contraendo senza soste. I costi della politica raggiungono primati
internazionali, ma si lascia credere che il dissesto dei conti pubblici dipenda
dai trattamenti pensionistici riservati ai disabili. L’ultima manovra
finanziaria prevede, tra l’altro, anche una stangata per le Forze dell’Ordine.
Un giovane poliziotto percepisce milleduecento euro mensili, le scorte per la
“casta”, incluse quelle accordate più per status symbol che per necessità,
costano cento milioni all’anno. Non sono comunque questi i parametri con cui
vengono valutati i governi nelle stanze dove essi vengono creati e sostenuti.
Libertà, legalità e media indipendenti non sono temi che interessano
particolarmente i maggiori centri di potere se non per costruire scenari in cui
vi sono apparenti nemici e fittizie contrapposizioni, utili a mascherare il
disegno sovversivo sempre di più proteso a negare gli strumenti della
conoscenza necessari per le scelte autonome dei governati. Lo scorso aprile il
Consiglio della Ue ha approvato il documento 8570/10 che consente alla polizia
la facoltà di spiare qualsiasi individuo o gruppo sospettato di essere “radicalizzato”.
Lo scorso giugno la Corte Suprema americana, nel procedimento “Humanitarian Law
Project / Holder”, ha fissato una grave limitazione alla libertà di parola dei
cittadini (garantita dal primo emendamento della Costituzione) subordinandola
alle necessità della sicurezza nazionale e al dettato delle leggi federali in
materia di anti-terrorismo Il tutto è passato nel silenzio mediatico senza che
i giornalisti “liberi” esprimessero una sola critica e senza che si levasse una
sola voce dal numeroso gruppo di politici, intellettuali e opinionisti che si
abbuffano alla crapula offerta, suo malgrado, dal contribuente. Si potrebbe
ricorrere a tanti altri esempi simili per sottolineare come funzionano le cose
là dove la menzogna ed il raggiro sono gli unici riti dedicati alla dea Metis.
Sul terreno mappato del capitalismo attuale S. Berlusconi non è poi così
dissimile da tanti altri. Perché la questione morale, anche se aggravatasi nel
corso degli anni, viene ripresa nelle piazzeforti delle collisioni e delle collusioni
affaristiche? La politica e le leggi messe a punto da questo regime possono non
piacere a molti Italiani, la corruzione ha prodotto metastasi inarginabili,
l’ultima manovra finanziaria è profondamente iniqua, le norme “bavaglio” in
itinere colmano la misura, ma che genere di vantaggio può portare oggi un
governo tecnico alle élites dominanti? Nel 1993 esisteva un piano di
sgretolamento dell’Italia predisposto in altro luogo, ma oggi cosa spinge i
centri occulti di potere a voler cambiare cavallo? Berlusconi ha approfondito
la polarizzazione delle ricchezze a vantaggio delle oligarchie
economico-finanziarie e a danno dei lavoratori, non è stato mai un ostacolo per
le banche, per la grande finanza, per le multinazionali del petrolio,
delle armi e dei farmaci, per l’establishment bellico americano, per i
centri affaristici e criminali che condizionano implacabilmente i destini del
nostro Paese. Perché il disastro civico nazionale, lo sfascio dei diritti e
delle garanzie costituzionali dovrebbero rappresentare una preoccupazione per i
poteri forti che Berlusconi ha sempre tenuto nella debita considerazione? Anche
per le “opposizioni”, quelle che non hanno mai disdegnato l’approvazione di
leggi bipartisan a tutela della “casta”, i voleri del premier non dovrebbero
costituire pregiudiziali insormontabili. Questo esecutivo ha svolto il lavoro
sporco di cui hanno beneficiato in molti e, per quanto emerga una qualche forma
di ostilità tra la borghesia padronale italiana, ci sembra più verosimile
ipotizzare che il cambiamento dello scenario politico sia voluto oltreoceano.
Sollevare la questione morale, peraltro sempre più assillante, è un modo
semplice e sicuro per favorire in qualunque Paese satellite la transizione da
una leadership sgradita ad una gradita. La mordacchia prossima ventura
riservata al web, alla stampa e alla Magistratura, oggi massimamente desiderata
da Berlusconi, precluderebbe ai pupari
sovranazionali di tenere sotto pressione i governi attraverso quell’informazione
capace, quando serve, di suscitare il disgusto dei cittadini. E’ quindi lecito
pensare che buona parte dei giochi si terranno intorno ai citati provvedimenti
liberticidi. A prescindere dall’esito del loro iter parlamentare, va da se che
il fido M. Draghi, di cui spesso la stampa estera tesse le lodi, offra maggiori
garanzie all'apparato bancario anglo-americano di quanto ne possa fornire
l’attuale primo ministro, ormai troppo scomodo ed ingombrante. Le recenti
dichiarazioni di L. Gelli, sommate alle esternazioni di alcuni mafiosi e di
altre associazioni occulte, non sembrano essere casuali o superfetatorie, ma
sembrano prefigurare l’idea di una “terza” Repubblica post-berlusconiana. Se
per certi versi sarebbe augurabile che Berlusconi si ritirasse alle Isole
Cayman o, se lo predilige, in qualche dacia posta sulle rive del Lago Valdai, nei
dintorni di San Pietroburgo, per altri si può considerare una vera iattura,
così come la recente storia insegna, la nascita di un governo tecnico
consacrato per lo più fuori dei confini nazionali. Che si ricorra nuovamente al
“porcellum” per concedere la libertà di votare gli altrove prescelti o che si
ricorra a convergenze trasversali per uscire dall’attuale fase di instabilità
politico-economica, derivata sia da fattori endogeni che esogeni, il prezzo
sarà sempre e comunque pagato dai soggetti sociali più deboli. Per adesso, e
chissà per quanto tempo ancora, il sistema cooptativo totalizzante inibisce il
sostanziale ricambio dell’intera classe dirigente, l’accesso dei giovani di
valore in tutti i posti nevralgici della vita nazionale e il riordino integrale
delle Istituzioni. Le profferte di M. D’Alema, i funambolismi di G. Fini e le
capriole di P.F. Casini rientrano perfettamente nelle logiche del berlusconismo
a cui hanno precedentemente spianato la strada. Lo status quo non è
incoraggiante, ma non vorremmo cadere dalla padella per finire sulla brace.
Antonio Bertinelli
18/7/2010