L'insostenibile leggerezza del governismo
post pubblicato in
diario, il 14 febbraio 2010
Per la
crisi dell’editoria, si stima che entro la fine dell’anno, tra
prepensionamenti, cassa integrazione straordinaria e contratti di solidarietà,
lasceranno le redazioni almeno settecento giornalisti. La Padania, al termine
dei due anni di cassa integrazione, ha scelto la strada dei licenziamenti
collettivi. Il quotidiano della Lega Nord, ormai molto simile al bollettino di
una qualche Onlus, scarica sui dipendenti in eccedenza il peso di una cinica
scelta politica. Era prevedibile che il modo con cui l’editoria italiana,
inclusa quella d’impronta leghista, ha guardato con strumentalità
all’informazione, prima o poi avrebbe fatto pagare il conto ai giornalisti. Se
la ristrutturazione della Mondadori rientra nell’ordine delle cose, è invece
emblematica la scelta della Lega le cui fortune sono nate appellandosi agli
interessi delle genti padane, dove il purismo, le denunce e le indignazioni dei
capipopolo, nel passaggio da movimento d’opinione a partito di governo, sono
evaporate come neve al sole. Anche in questo caso si tratta del solito tributo
che il cittadino paga alla deteriore omologazione di chi si propone, e poi si
impone con mille alchimie, nell’affermare di esserne il legittimo
rappresentante politico. Gli scandali quotidiani e la completa trasformazione
della cosa pubblica in affare privato strangolano persino le speranze dei più
ottimisti. Passando attraverso veloci mutamenti culturali, spacciati per
decorsi positivi, siamo giunti alla totale destrutturazione del Paese. Molti
media, ispirandosi ad un laido laicismo (cosa ben diversa da una rispettabile
laicità) fanno il tiro a segno sui vescovi, discettano sull’invadenza del
Crocefisso, assimilano la Chiesa ad un’associazione di pedofili, esaltano le
qualità di qualunque masnadiero, ci ragguagliano sugli sviluppi dei reality
shows, promuovono le mignotte al rango di escorts, trasformano i ricattatori in
uomini di successo, parlano con nonchalance di famiglie liquefatte, insomma
portano argomenti a iosa per indurre al nichilismo e al monadismo. Mentre
esprime ipocritamente solidarietà verbale in tutte le circostanze che lo
richiedono, il legislatore continua a rifinire l’opera sotterrando qualunque
caposaldo morale residuo, rivendicando l’impunità assoluta per la casta
politica, ostacolando il funzionamento della Giustizia, insultando la
Magistratura, accelerando il definitivo sfaldamento sociale nello spogliare il
lavoro altrui, nel precarizzarlo, nel facilitare una marea di licenziamenti più
o meno leciti. Finalmente ci siamo americanizzati del tutto o quasi. Già perché
negli Usa, malgrado le radicate ed incolmabili sperequazioni di classe, anche
se la cultura dell’american dream mostra da tempo la corda, i politici
disonesti ed i truffatori almeno finiscono in carcere per i loro misfatti. In
gran parte del mondo le oligarchie del capitalismo globalizzato, con la loro
sconfinata avidità, stanno ridisegnando gli stili di vita delle masse ed appare
difficile fermare la ruota della storia. Forse, prendendone coscienza fino in
fondo, si può solo dare una svolta alla propria. La tracotanza con cui i
sacerdoti del dio profitto e i loro ministranti calpestano quotidianamente i
diritti della collettività ci pone un interrogativo in più. Nell’Italia dalle
tante mafie e dagli inestirpabili comitati d’affari, nell’Italia dove i confini
tra canaglie e garanti delle Istituzioni sono estremamente labili, nell’Italia
dove tra le stesse forze dell’ordine operano soggetti di cui non si capisce se
e a chi sono devoti, nell’Italia dei dissenzienti da avanspettacolo o da
operetta, dei leghisti, dei comunisti e degli aennini resisi funzionali alla
governance del “sistema paese” vale sempre la pena di accordare fiducia al
demagogo del momento o andare ancora a votare? Di sicuro l’ineluttabilità di
una corruzione endemica che ci costa parecchie decine di miliardi annui, la
crescente deindustrializzazione, la grave crisi economica, la mancata
erogazione dei salari, l’affossamento del made in Italy, l’impennata dei messi
in mobilità ed il rischio di default per l’entità del debito pubblico non si
modificano mettendo la scheda nell’urna, né buttando la tessera elettorale
nella pattumiera. Un branco di insaziabili sciacalli e di iene ridens, come
quelle che si gettano sulle tragedie di un terremoto, dopo aver spolpato il
corpo del Paese ne sta divorando anche le ossa. In attesa che si verifichino le
condizioni per una tanto desiderata quanto improbabile incisività politica del
cittadino, non prestandosi a seguire ciecamente l’agit-prop di turno, non
facendo il gioco degli onnipresenti arrampicatori di partito e non andando a
votare ci si sfila almeno dal sempre più perfezionato ingranaggio “acchiappa
citrulli” di una democrazia già decomposta ed oggi finanche autocraticamente
elargita. Non sarà gratificante ma, senza prestare il fianco ai magliari che,
neanche tanto celatamente, sperano in una guerra civile, spargendo a piene mani
i semi di un disagio sociale tipico di lontane epoche buie, da qualche parte si
dovrà pure iniziare. In alcuni comuni molti giovani si accingono al cambiamento
bypassando le formazioni partitiche e puntando al successo di liste civiche a
“cinque stelle”. Chissà se riusciranno a non venire fagocitati dagli
intraprendenti maggiordomi dei poteri forti.
Antonio Bertinelli 14/2/2010